Italia, Paese di contraddizioni: il divario tra adozione dell’AI vs Digitalizzazione delle imprese
19 Settembre 2024
Con la crescente minaccia del coronavirus che ha colpito così duramente il nostro Paese, la prospettiva di dover lavorare da casa è diventata ormai una realtà per un’ampia fascia di lavoratori. Modalità di lavoro nuove come lo smart working, o lavoro agile, che finora nel nostro Paese non avevano visto un grosso riscontro se non nelle grandi realtà, sono diventate ora alleate preziose per le imprese Italiane.
È importante cogliere le opportunità derivanti dal lavoro agile, senza però incorrere nei rischi (ahimè molto costosi) legati alla sicurezza informatica e di protezione dati.
L’invito ci arriva direttamente dal Governo, è lo stesso Presidente del Consiglio dei Ministri a caldeggiare l’utilizzo dello smart working, semplificandone gli adempimenti, rendendolo attivabile anche senza accordo scritto. In questo periodo surreale dove tutto sembra essersi fermato, le aziende devono velocemente mettere in atto strategie e misure straordinarie per arginare i potenziali catastrofici danni derivanti dall’emergenza Covid-19.
Per fortuna la Digital Transformation era già in atto in molte delle nostre aziende, che si trovano ora a dover fare, volenti o nolenti, un salto quantico nella digitalizzazione delle loro attività.
Lo Smart working – spiega l’osservatorio Smart working del Politecnico di Milano – «è una nuova filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati».
«Nell’ottica smart, il concetto di ufficio diventa ‘aperto’, il vero spazio lavorativo è quello che favorisce la creatività delle persone, genera relazioni che oltrepassano i confini aziendali, stimola nuove idee e quindi nuovo business».
Lavorare in smart working non significa solo lavorare da remoto, ma implica un cambiamento nel modo in cui il lavoro viene percepito, basato sulla fiducia, collaborazione, responsabilizzazione e autonomia delle persone.
Lo smart working o lavoro agile si è rivelato vincente sotto molti punti di vista: il lavoratore può organizzare la propria giornata (a partire dal luogo fisico di lavoro) ed ottimizzare al massimo la propria produttività; l’azienda abbatte i costi della sede fisica e beneficia della maggior produttività e benessere dei propri dipendenti.
Secondo le cifre dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, chi lavora con orari flessibili è mediamente più produttivo (nell’ordine di un + 35-45%) rispetto ai dipendenti sempre presenti in ufficio.
Per il nostro Paese si tratta di uno stravolgimento epocale del concetto di lavoro, mentre nel resto dell’Europa il 25,30% della forza lavoro già opera in ottica smart.
Ciò che permette lo sviluppo e il successo del lavoro agile nel garantire produttività, mobilità e flessibilità sono senza dubbio le tecnologie digitali. La velocità di connessione dati, le soluzioni in cloud per garantire la gestione dei dati in ambienti sicuri, le piattaforme di collaborazione digitale e di video conferencing, le soluzioni IoT per migliorare l’esperienza di lavoro: se vogliamo lavorare in maniera davvero smart dobbiamo svincolarci dalle tecnologie obsolete e sfruttare il potenziale che le nuove tecnologie ci offrono.
È necessario ricordare che lo smart working porta con sé, insieme ai vantaggi, rischi in materia di cyber security che è bene conoscere. Si tratta di minacce interne ed esterne all’azienda che riguardano la sicurezza dei dispositivi, delle reti e dei dati. Per evitare che l’iniziativa di smart working si traduca in problemi molto costosi da risolvere, è bene puntare a un approccio che leghi formazione e protezione.
Molte aziende hanno messo in atto forme di lavoro agile in fretta e furia, mosse dall’emergenza sanitaria in atto, senza prestare troppa attenzione agli importantissimi risvolti di sicurezza.
In questo momento molti dipendenti stanno usando i loro dispositivi personali per accedere ai sistemi aziendali, incluse le connessioni di rete. Molto spesso però nei dispositivi personali si nascondono minacce, perché normalmente le persone tendono a trascurare le misure di sicurezza, come l’adozione di sistemi antivirus/antimalware e sottovalutano i rischi connessi alla navigazione in rete. Inconsapevolmente e in assoluta buona fede, possono così mettere a grave rischio la sicurezza aziendale.
In questo periodo stiamo assistendo anche a un boom nell’utilizzo delle piattaforme di videoconferenza e sistemi di VPN (Virtual Private Network), che consentono l’interazione fra colleghi e la continuità operativa.
La connessione VPN è la situazione più critica, perché il sistema informativo aziendale viene messo in collegamento diretto con il dispositivo remoto, esponendolo in tal modo ai rischi correlati.
Un altro aspetto delicato è quello legato al login. È opportuno attivarsi per evitare che le password vengano carpite da malintenzionati, cambiandole frequentemente, aumentandone il grado di complessità, meglio ancora usando sistemi di autenticazione a 2 fattori.
Un recente studio riporta che circa il 40% delle aziende vittime di attacchi informatici ha subito perdite importanti che hanno visto i dispositivi mobili per il lavoro da remoto come vettori di attacco.
Sembra infatti che il personale poco attento abbia contribuito agli incidenti di cyber sicurezza avvenuti nello scorso anno nell’80% dei casi. Questi dati ci insegnano come le condizioni relative alla sicurezza potrebbero rivelarsi pericolose sia per le grandi realtà aziendali sia per le piccole imprese.
Trascurare anche le regole più semplici, come cambiare password o installare aggiornamenti necessari, in imprese di tutte le dimensioni, potrebbe compromettere l’intera sicurezza aziendale.
Con la digital transformation ormai in atto e la sempre più forte correlazione tra tecnologia e operation aziendali per aziende di ogni dimensione e settore, la sicurezza diventa un punto fondamentale che deve essere preso in seria considerazione.
Per poter trarre il massimo dalla modalità di lavoro agile e impedire che si trasformi in un grave danno per l’azienda, è necessario ridurre il rischio di perdita o distruzione dei dati aziendali o diffusione indebita dei dati personali.
Gestire la mobility è il primo passo per le aziende coinvolte nel processo di “Smart Workizzazione”: mai come ora è tangibile il ruolo cruciale del Cloud Computing.
Oggi più che mai, il Cloud rappresenta il futuro: la garanzia di dati accessibili ovunque e in qualunque momento, sempre protetti da alti standard di cyber security, è la risposta alle imprese che vogliono sfruttare la tecnologia per crescere e migliorarsi.
È senza dubbio questa una fase di cambiamento importante, che servirà da “test” a molte aziende per realizzare l’urgenza di un processo di digitalizzazione ormai non più rinviabile.
Si auspica che, quando l’emergenza coronavirus cesserà, le aziende riprenderanno le loro attività con una rinnovata consapevolezza digitale, che permetta loro di valutare l’adozione permanente e non più forzata di nuove forme di lavoro agili, in totale sicurezza.
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